Pubblichiamo due testimonianze di Willhelm Weitling, sarto tedesco organizzatore della Lega dei Giusti, predicatore di un comunismo utopistico e dai tratti fortemente religiosi. La prima è del 1853 e si riferisce agli anni 1845-46, la seconda è una lettera inviata da Bruxelles il 16 maggio 1846 al suo amico socialista Hermann Kriege, emigrato negli Stati Uniti (entrambi i documenti sono tratti dalla raccolta curata da Hans Magnus Enzesberger Colloqui con Marx e Engels, Einaudi 1977). Chi abbia visto il film di Sam Peckinpah sul giovane Marx ricorderà probabilmente lo stupore dei pochi compagni di Marx nel vederlo attaccare in modo spietato e frontale l’atterrito Weitling, leader seguito da tanti artigiani e lavoratori di una composizione di classe ormai declinante. Bisognava rompere con quella cultura politica, quell’«evangelo dei poveri peccatori» che legava la prospettiva rivoluzionaria ai buoni sentimenti e a un passato ormai sconfitto. Per Marx la qualità ha sempre la precedenza sulla quantità, la tendenza da costruire sulla sommatoria dei rimasugli. Le reazioni sconcertate di Weitling, morali prima ancora che politiche, sono qui ben riassunte. Particolarmente interessanti sono i passaggi in cui Marx viene accusato di non fare ciò che come metodo rifiutava, cioè prescrivere ricette per l’osteria dell’avvenire.
Immagine: Arcangelo, Monotipo, 2003
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La prima associazione di comunisti tedeschi sorse dall’insegnamento e dalla trasformazione della Lega repubblicana dei Giusti; essa, che aveva la sua sede a Parigi, nel 1837 abbandonò in massa i suoi dirigenti, «i proscritti», e assunse il nome di Lega dei comunisti. Di là il comunismo venne trapiantato in Svizzera e in altre città francesi, nel 1839 a Londra e in Germania e nel 1844 in Svezia e in America, dove si mise in luce in questo compito Hermann Kriege. Colonia è una diramazione più tarda di questa Lega. Ma la rigida unità della Lega durò soltanto finché ne divenne membro Marx, che nel 1844 aveva ancora dato un giudizio sprezzante sull’utilità di simili associazioni. Cominciando con un attacco all’opera di Hermann Kriege in America, egli fece da allora in poi ogni sforzo per combattere ogni agitatore che stesse al suo fianco nella Lega. Egli e la sua combriccola fomentarono scissioni in Svizzera, in Francia e in Germania, emanando un decreto che espelleva dalla Lega W. Weitling (allora già in America), tutti i comunisti svizzeri e metà di quelli parigini, perché si adoperavano per la diffusione del comunismo con una propaganda di tipo religioso (evangelo dei poveri peccatori). Tutto ciò durò sino al 1851, quando finalmente, a Londra, il signor Marx venne a sua volta espulso; allora le associazioni separate poterono riunirsi. Marx però aveva ancora in pugno i collegamenti con la Germania, che si concentravano soprattutto a Colonia. Prima che Marx e consorti ci mettessero lo zampino, la Lega era organizzata soprattutto per l’insegnamento. Nelle riunioni si discutevano tutti i problemi di una futura organizzazione razionale della società. Ma i dotti critici à la Marx, e Marx in particolare, rigettavano tutti i sistemi senza preoccuparsi di confutarli e senza dare risposte convincenti ai problemi del futuro (poiché tali risposte non garantivano loro l’influenza desiderata). Essi predicavano l’ateismo, parlavano di Hegel e dell’alto significato della filosofia tedesca, che doveva essere spiegata agli ignari, e attirarono nella Lega individui che mai vi avremmo accolto prima. Poiché ai sistemi, cioè ai progetti di una organizzazione futura della società, i dirigenti à la Marx furono sempre ostili, la discussione era sempre condotta in modo tale che non si sapeva mai bene a cosa si doveva tendere prima della lotta e cosa sarebbe avvenuto dopo la vittoria; gli argomenti che andavano per la maggiore erano l’ateismo, la ghigliottina, le fanfaluche hegeliane, la corda e il pugnale, il modo per subodorare le spie e soprattutto i contrasti interni, fomentati dall’ambizione.
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Avrai certamente per le mani la critica scritta qui contro di te; in essa ti danno dell’ipocrita, del codardo, della testa vuota, e via di questo passo, e scherniscono le tue effusioni sentimentali. Solo io votai contro. Mi dissero di metterlo per iscritto. Dichiarai che ero disposto, se me lo chiedevano. «Va bene, – mi dissero; – in futuro, comunque, nessuno potrà più sottrarsi all’obbligo di firmare il provvedimento adottato anche con il proprio nome. Anche quando si vota contro, si dovrà firmare insieme a coloro che hanno votato a favore». Heilberg e io protestammo. Allora dichiarai che ero disposto a farlo sin d’ora, se si voleva conformare la decisione a questa nuova moda critica, nuova per me. Rifiutarono. Richiamai di nuovo l’attenzione sul cattivo effetto che avrebbe fatto questo esempio di disunione, e dissi che mi sembrava nel loro interesse lasciare il mio nome del tutto da parte. Mi si disse, invece, che non dovevo limitarmi a firmare, ma dovevo anche aggiungere i motivi del mio voto contrario.
Dettai:
«Weitling vota contro perché è recisamente contrario a ogni tipo di iniziativa del genere!».
Ma per Marx non era sufficiente: «Bisogna spiegare i motivi!». Allora scrissi quanto segue:
«Il sottoscritto ha votato contro, e gli è stato chiesto, su parere concorde della suddetta maggioranza, di mettere per iscritto i motivi del suo voto. Essi sono, in breve, i seguenti:
Il “Volkstribun” è, a suo giudizio, un organo comunista che risponde perfettamente alla situazione americana; lo zelo dei redattori, dei collaboratori e dei diffusori è, a suo giudizio, così soddisfacente, che egli non sente alcuna necessità di andare in cerca di difetti da biasimare.
Il sottoscritto non riesce assolutamente a capire perché sarebbe interesse di un partito come quello comunista, che in Europa ha tanti e così potenti nemici, rivolgere le sue armi verso l’America, e ancor meno capisce che interesse esso possa avere, laggiù, a rivolgere le armi contro se stesso.
Willhelm Weitling».
Marx disse che si trattava di una dichiarazione miserabile, Seiler che essa era indegna; dapprima fu deciso di non inserire negli atti la mia dichiarazione, poi si decise di lasciarla in quelli diretti a Londra, a Parigi e in Germania, ma di toglierla da quelli diretti in America.
[...] Ho imparato a conoscere questi signori critici come intriganti della peggior specie; la mia lettera passata per Le Havre ti mostrerà come si può ancora conservare fede e fiducia anche quando le cose prendono la piega che hanno preso qui. Mi considerano il loro più acerrimo nemico, il primo da ghigliottinare; poi verranno gli altri, per ultimi i loro amici; infine si taglieranno la testa da soli. La critica divora tutto ciò che esiste e, quando non c’è più niente da divorare, divora se stessa. Ora ha già cominciato a divorare il suo stesso partito, soprattutto da quando gli altri le han fatto capire che se ne lavano le mani. Ciascuno vuol essere il solo vero comunista, e presenta tutti gli altri come falsi comunisti, perché ne teme la concorrenza. Anche Hess, come me, è messo al bando.
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