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Il sistema-prato




Due poesie di Giusi Drago: epicentro di rivoluzione e senza lo stigma dell'identità.

* * *


epicentro di rivoluzioni


una disposizione al tumulto ha oggi

il prato di Marter, asfalto di erbe scucite e corrotte

non mima nemmeno il disordine del vento


non da piogge non da frane è sconvolto

il sistema-prato, luogo d'incontro

di tutti i ribelli, anche i più utopisti

la vite americana è malata di dualismo e rifiuta

di crescere nei vasi, la paura divide in due

anche le foglie: le iconoclaste – accavallate nei grovigli

le ottuse – pigmentate del proprio eliocentrismo

come se il prato fosse un blocco d’erba

umida o secca e non diaspora rigata da fratture,

coagulo di fazioni, asilo di congiure

la grondaia perde, il muro è inquinato

da muffe che dilagano in territori non previsti

tutti i ribelli, anche i più distratti e autolesionisti

si incontrano sotto il noce battuto dalla pioggia


le crepe nelle mattonelle, le fibre di legno deformato

sono per intelligenza eretica epicentro

di molte rivoluzioni, anche le più impensabili



* * *


senza lo stigma dell’identità


sempre condannati a brevi fiati di crescita

così veloci seccano tarassaco e camomilla

con le radici dentro una terra dissestata

e collassano le cicute anche senza lo stigma


dell’identità che si perde che demorde

quel che resta, cosa resta: coesione provvisoria

e polivalente di programmi conflittuali - identità

inutile anzi dannosa come la pena

di morte secondo Beccaria, ma avventurosa

avventura che decora il carattere

di elementi realistici causando aritmia

o strappi che danno forma alla personalità


ma su ciò tarassaco e camomilla (perdute erbette

d’estate ostinate a scagliarsi dentro una terra

che dopo l’aratura si sfrangia in blocchi argillosi)

non aggiungono nulla né chiosano sulla differenza


fra spazio e tempo – nel tempo stanno

troppo poco e lo spazio lo occupano

in sottigliezza e in superficie come leggera peluria

che basta un falcetto a rasoiare via


e in questa maniera inapparente

di prender figura nel mondo

e per giunta nell’impossibilità

di lottare contro altri corpi in movimento


le nostre erbe d’estate così secche e sciocche

per idea fissa d’amore verso il sole

neppure riescono a soppesare sé stesse

per miopia o ignoranza in geografia chiedendosi


se la morte favorisca l’imporsi del bianco, la neve

su ampie distese, neve anche impura, infettata

di fango o piovischio e se dall’innevato fiorisca

una riflessione bianchissima


sul perché finora i fiocchi dei pensieri

abbiano turbinato disegnando archi



Immagini: Arrigo Lora Tutino, Nel bosco, 2003



* * *


Giusi Drago, nata a Trento, vive a Milano. Ha pubblicato Partiture della memoria in 7 poeti del premio Montale (Scheiwiller, 1995), La pazienza della mano (Nicolodi, 2005), Tempo negoziato (La Camera verde, 2014) e Correggere le diottrie (Oèdipus, 2019).

Nel 2011 ha ricevuto il Premio italo-tedesco per la traduzione letteraria (Nachwuchspreis) con È morto Tito di Marica Bodrožić (Zandonai, 2010). Ha tradotto, fra gli altri, Carl Gustav Jung, Gustav Meyrink, Rainer Maria Rilke, Robert Walser e Ilse Aichinger.

Dal 2001 al 2005 ha diretto la rivista «Dialogica. Semestrale di ricerca e culture letterarie». È tra i redattori del blog «Perìgeion - un atto di poesia».

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