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Donne e comunicazione digitale: a che punto siamo? (seconda parte)



Pubblichiamo la seconda parte dell'articolo di Leopoldina Fortunati e Autumn Edwards. Qui la prima parte: https://www.machina-deriveapprodi.com/post/donne-e-comunicazione-digitale-a-che-punto-siamo-prima-parte


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Le donne di fronte alla comunicazione telefonica fissa e mobile

Il terzo elemento della nostra analisi, la tecnologia, è una fonte rilevante di cambiamento in sé, nella sua continua reinvenzione da parte degli utenti, e anche perché essa media la comunicazione. Pertanto, quando guardiamo all'intersezione di questi tre elementi ̶ genere, comunicazione e tecnologia ̶ il momento storico assume un'importanza particolare, data la loro dinamicità strutturale.

Il telefono è stato il primo strumento utilizzato per inaugurare i processi di separazione fisica degli individui tra loro e per sfidare l'empowerment delle donne. Naturalmente, è stato presentato alla gente all’incontrario: come un dispositivo in grado di accorciare le distanze tra individui lontani tra loro. I due aspetti sono entrambi veri, ma il secondo era così eccitante da mettere in ombra il primo, che forse era il più rilevante. Il motivo per cui il primo aspetto è stato considerato poco importante forse perché all'epoca la comunicazione di persona era di gran lunga la forma di comunicazione più diffusa. Una caratteristica importante che non è stata sufficientemente sottolineata nel dibattito è che il telefono fisso fu introdotto nelle case come apparecchio famigliare, sottoposto a un uso collettivo. Il contratto era firmato dal capofamiglia, che poteva controllare il numero e la durata delle chiamate effettuate da ciascun membro della famiglia perché la bolletta era indirizzata all’intestatario del contratto. Il fatto che l'accesso al telefono abbia ricalcato la gerarchia delle relazioni di genere ha condizionato pesantemente l'accesso e l'uso di questo strumento da parte delle donne all'interno della famiglia e anche a livello sociale (ad esempio, le donne ricevevano un gran numero di telefonate moleste).

La comunicazione telefonica, estrapolando solo una parte del corpo umano ̶ la voce ̶ rende il corpo umano un'entità secondaria degli interlocutori telefonici. Il telefono prima, e tutte le altre tecnologie digitali poi, hanno aumentato la separazione del corpo umano dall'individuo che comunica, con la conseguenza che anche la comunicazione è stata separata nelle sue parti: da processo unitario, è diventata sempre più parziale ed è emersa una specifica alienazione nella sfera comunicativa, sebbene accompagnata dalla profonda gioia di poter superare i vincoli spaziali e parlare con persone lontane. La caratteristica principale dei nuovi media, tuttavia, non è la presenza degli individui, ma la loro assenza attraverso essi. Nella comunicazione telefonica l'infrastruttura fisica del corpo è ignorata nella sua potenza e peculiarità e, poiché il corpo è meno adattabile, ad esempio, delle emozioni, esso è destinato a essere più inerte. Inoltre, gli utenti sono costretti a stare seduti su una sedia con limitate possibilità di movimento. Il punto principale da considerare è che le donne hanno trasformato il telefono in una tecnologia di socievolezza e supporto psicologico, e quindi in uno strumento di lavoro domestico, ma se ne sono anche appropriate per acquisire potere per sé, superando l'isolamento e la separazione reciproca. Ciò che i media e l’opinione pubblica etichettavano come «chiacchiere» era in realtà l'elaborazione di un'analisi collettiva da parte delle donne sul loro ruolo all'interno della famiglia e della società, sul lavoro domestico, sulle relazioni intime e sul futuro, elaborazione che era altrettanto importante per il benessere nazionale quanto il più visibile flusso di informazioni lavorative maschili. Le donne hanno rivelato una specifica affinità con il telefono, anche per la loro capacità di reinventarne l’utente e l’uso. Due temi ricorrenti nel dibattito generale sul telefono e le donne sono stati: questo strumento è stato considerato in grado di liberare il tempo delle donne da viaggi inutili e di ridurre la loro solitudine, isolamento, insicurezza e ansia personale. Tuttavia, la mancata comprensione di cosa fosse il lavoro domestico (un vero e proprio lavoro!) inquadrava il dibattito pubblico sottolineando che le donne si distinguevano come parlatrici. Le notizie relative a questo tema venivano accolte con disapprovazione o derisione dalla stampa popolare, mentre a casa le donne erano spesso spinte a sentirsi in colpa per aver usato troppo il telefono. In realtà, essendo esse tradizionalmente responsabili del mantenimento delle relazioni familiari e sociali e delle transazioni domestiche, erano obbligate a usare questo apparecchio più degli uomini.

Il telefono cellulare ha continuato a sfidare l'empowerment delle donne e a promuovere una separazione fisica ancora più forte tra gli individui: ad esempio, ciò avviene quando la persona o le persone fisicamente presenti passano in secondo piano all’arrivo di una telefonata nel nostro cellulare. Il telefono cellulare è il dispositivo che ha reso irresistibile per le utenti vivere «come se» gli interlocutori fossero con loro. La seconda metà degli anni Novanta è un periodo in cui forti spinte a una maggiore individualizzazione hanno reso la famiglia meno standardizzata e le condizioni di vita delle donne con più potere. Temi come la derisione nei confronti delle donne perché troppo loquaci al telefono o il senso di colpa per quei rimproveri sono scomparsi e le donne si sono messe in prima fila nel rimodellare con i giovani il telefono cellulare trasformandolo in un dispositivo personale e personalizzato sul cui uso e pagamento potevano avere il controllo. Inizialmente gli uomini erano più propensi delle donne ad accedere e utilizzare il telefono cellulare, ma tale divario si è rapidamente ridotto o annullato in molti Paesi. Questo rimodellamento del telefono cellulare ha dato alle donne una nuova libertà e quindi un nuovo potere sulle loro pratiche di comunicazione. Le donne hanno esercitato un'influenza sui servizi, le funzioni e le applicazioni del telefono cellulare, rendendo questo dispositivo più rispondente ai loro gusti. La gestione della casa, l'organizzazione, l'assistenza, il sostegno e l'espressione emotiva, il micro-coordinamento, la maternità o il fare le nonne a distanza sono passati attraverso il telefono cellulare sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Il punto centrale, politico, è che le donne hanno continuato a cancellare le loro differenze rispetto agli uomini nell'accesso e nell'uso di questo strumento e ad acquisire potere attraverso la proprietà e il controllo di questo strumento. Tuttavia, le donne non sono state in grado di contrastare il processo principale di separazione degli individui. Più la somiglianza e la vicinanza delle donne agli uomini progredivano, più le tecnologie digitali lavoravano nella direzione di distanziare ogni individuo dall'altro, spostando la gerarchia sociale di potere a un livello superiore.


Donne e comunicazione mediata da computer/internet (CMC)

La separazione fisica degli individui tra loro ha raggiunto un livello ancora più alto con la diffusione della CMC e anche in questo caso essa è avvenuta in modo diverso per le donne, che sono state sottoposte a un doppio attacco: come tutti, sono state separate dal computer l’una dall’altra, ma in molti casi esse lo sono state anche dal computer stesso. Questo processo è stato esacerbato anche dal fatto che, nonostante le donne abbiano contribuito pesantemente allo sviluppo dei computer - non da ultimo a livello di programmazione -, esse sono state omesse dalla storia dell'informatica. Un'omissione che ha contribuito alla mancanza di modelli femminili che utilizzassero i computer e all'immagine delle donne come non interessate o incapaci in questo campo. Sebbene il computer sia apparentemente configurato come uno strumento «per tutti», le culture iper-maschili delle confraternite di progettazione del computer hanno incorporato nel dispositivo barriere contro gruppi specifici di utenti come le donne, gli anziani e i diversamente abili. La cultura anti-donna ha avuto un ruolo importante nella diffusione della CMC, perché il possesso e l'uso del computer hanno replicato lo stesso schema del telefono fisso. Agli inizi, il computer veniva solitamente acquistato dai capifamiglia, che ne pagavano anche l'uso e la manutenzione. In linea di principio, poteva essere utilizzato da tutti i membri della famiglia, ma in pratica i modelli di accesso e consumo del computer/internet hanno rispecchiato la stessa struttura di potere della famiglia e della società, per cui esso è diventato un dispositivo collettivo che ha previsto un uso gerarchico. A rendere ancora più difficile l'appropriazione del computer/internet da parte delle donne sono stati altri fattori: l'acquisto e la manutenzione di un computer richiedevano risorse finanziarie e il suo utilizzo presupponeva molte competenze e alfabetizzazioni preliminari che reclamavano tempo (il tempo extra non era una risorsa che le donne avevano generalmente a disposizione).

Un altro elemento importante che ha giocato a sfavore delle donne è che in questa modalità di comunicazione, almeno all'inizio, il corpo umano è scomparso completamente dalla visione degli interlocutori. Ciò è avvenuto in modo ancora più grave rispetto alla comunicazione telefonica, perché anche la voce è stata eliminata da gran parte della CMC nella sua forma iniziale, tranne che in alcune chat e video. L'assenza del corpo ha comportato il blocco di tutti i segnali sociali e non verbali, rendendo più difficile la gestione di una comunicazione corretta e, ad esempio, la corretta identificazione degli interlocutori, anche a livello di genere. L'ambiente informatico è stato costruito all'inizio come un mondo scritto e silenzioso in cui le donne, da sempre più sensibili degli uomini ai segnali sociali in generale, come molti studi hanno dimostrato, e a quelli non verbali in particolare, sono state private dell'uso di questa specifica capacità, acquisita attraverso la socializzazione e l'apprendimento. Se pensiamo che il messaggio non verbale sovrasta di gran lunga quello verbale, poiché – si sostiene – ha un peso 4,3 volte superiore, allora abbiamo un'idea dello svantaggio che questo artefatto tecnologico ha rappresentato per le donne.

Nel corso del tempo, la gente ha iniziato a utilizzare la CMC in tutte le fasi della gestione delle relazioni sociali: dalla formazione di nuove relazioni personali al mantenimento delle relazioni esistenti e alla conclusione delle stesse. Tuttavia, la scomparsa del corpo ha portato a pratiche di progettazione del computer che non si sono concentrate sufficientemente sull'incorporazione degli utenti – e in particolare delle loro identità – nel processo di progettazione. La mancanza del corpo umano nel processo di comunicazione ha influito anche sulla presentazione del sé, che è diventato qualcosa con cui si poteva giocare rappresentando se stessi attraverso nickname e, successivamente, gli avatar. I ricercatori hanno documentato l'alterazione delle rappresentazioni di sé che avviene negli ambienti virtuali e i conseguenti cambiamenti nel comportamento e nella percezione che ne derivano (il cosiddetto effetto Proteo). La mancanza di presenza sociale o di segnali sociali ha avuto alcuni piccoli effetti positivi, ma ha anche contribuito a creare ambienti sociali fondamentalmente impoveriti, il che ha giocato a sfavore soprattutto delle donne, più vulnerabili socialmente in ambienti poco controllabili. Inoltre, nella comunicazione al computer fisso, il corpo è obbligato a diventare ancora più fermo che nella comunicazione telefonica e a eseguire solo microgesti sulle tastiere e con il mouse. Ciò non è amichevole nei confronti del corpo, perché il benessere degli esseri umani è legato al movimento, e ha giocato particolarmente a sfavore delle donne, dato che il lavoro domestico e di cura che spetta loro in modo sproporzionato comporta il muoversi continuamente all'interno della casa.

Un ulteriore elemento di difficoltà per le donne è derivato dal fatto che Internet è un'arena pubblica e storicamente le donne erano state escluse dalla comunicazione pubblica per concentrare la loro vita e il loro lavoro soprattutto tra le quattro mura di casa. Ciò contribuisce a spiegare perché, all'inizio della storia di Internet, la presenza delle donne nei forum di discussione e comunicazione online era drasticamente inferiore a quella degli uomini. Le differenze di genere nell'accesso e nell'uso del computer/internet sono persistite per quasi due decenni, sebbene siano emersi diversi tipi di consumo di genere in vari contesti, come le e-mail e i siti di discussione.

Nel corso del tempo il divario di genere si è ridotto: ad esempio, l'ITU (Unione Internazionale delle Telecomunicazioni) ha riferito che nel 2017 nelle Americhe, dove non a caso la parità di genere nell'istruzione terziaria è maggiore, la percentuale di donne che utilizzano Internet è superiore a quella degli uomini. Inoltre, dal 2013 il divario di genere si è ridotto nella maggior parte delle regioni. In Africa, invece, la percentuale di utilizzo di Internet da parte delle donne era inferiore del 25% e ancora più ampia nel caso dei Paesi meno sviluppati (LDC), dove solo una donna su sette utilizza internet rispetto a un uomo su cinque. Ovunque, tuttavia, è dimostrato che gli scopi con cui viene utilizzato Internet sono diversi.

Per concludere questa parte, vale la pena notare che il modo in cui si è sviluppato questo dibattito ha oscurato il vero significato socio-economico e politico dell'attività delle donne (e anche degli uomini) in questo campo: il fatto che essi siano sempre più separati l'uno dall'altro, stanno contribuendo attraverso la CMC a produrre una quantità enorme, anche se diversa, di lavoro immateriale e non retribuito.


Donne e comunicazione con le macchine

Siamo giunte all'ultima parte del nostro discorso, che è dedicata alla comunicazione tra esseri umani e macchine (HMC) e che è l'ultima parte della nostra analisi. Questa sezione esamina come i processi descritti finora siano stati ulteriormente radicalizzati e articolati da questa nuova tipologia di comunicazione. L'analisi riguarda non solo la relazione che le donne stabiliscono con le macchine e le sue conseguenze sociali, ma anche l'attribuzione del genere alle macchine. Per comodità, dividiamo questa sezione in due parti: una incentrata sulle donne e la comunicazione con le macchine e l'altra sul genere attribuito alle macchine.


Donne e HMC

Se nella comunicazione mediata dal computer l'individuo è diviso dagli altri da una macchina che media la comunicazione tra loro e che allo stesso tempo li avvicina e li allontana, nell'HMC ogni individuo è separato dagli altri in modo più radicale. L' «altro» umano scompare dal contesto comunicativo, poiché qui gli individui parlano con una macchina che risponde loro. Ciò ha gravi conseguenze per gli esseri umani, poiché la loro scomparsa significa che sono considerati superflui rispetto al lavoro di comunicazione e che sono sottoposti a una profonda svalutazione. Come abbiamo detto, essi sperimentano la loro piena umanità e socialità quando si confrontano con altri esseri umani. Se ogni individuo viene svalutato dall'HMC, le donne sono doppiamente svalutate, una come individui e l'altra come tradizionali esecutrici del lavoro domestico, di cura e riproduttivo, uno dei cui compiti è quello di insegnare alle nuove generazioni come comunicare e gestire il filo della comunicazione nelle relazioni familiari e parentali.

Nel passaggio dalla CMC all'HMC molti elementi della scena comunicativa cambiano perché nel nuovo contesto le tecnologie sono concepite come soggetti comunicativi. Passiamo in rassegna i cambiamenti strutturali più rilevanti, prima di cercare di capire il rapporto delle donne con questa tipologia di comunicazione. Ad esempio, con gli assistenti vocali e i robot sociali la presentazione di sé da parte dell'interlocutore umano – caratteristica fondamentale della dinamica dell'interazione umano-umano – perde il suo significato tradizionale. Gli esseri umani non si presentano spontaneamente al robot; il problema casomai è come incorporare nel robot tutte le informazioni relative ai suoi interlocutori che lo rendano capace di riconoscerli. La materialità del corpo umano è solo parzialmente implicata nell'interazione tra umani e robot (HRI), mentre qui è il corpo della macchina ad acquisire grande importanza. Negli assistenti virtuali, la voce deriva dalla voce mediata della comunicazione telefonica e mobile, nonché dalla voce automatica registrata nella segreteria telefonica che ha addestrato milioni di utenti ad acquisire l'abitudine e la disciplina necessaria a parlare con una macchina. Nella comunicazione tra gli esseri umani e i robot, la comunicazione umana si trasforma da processo relativamente spontaneo in un processo forzato all'interno dei percorsi automatizzati di conversazione che il robot può eseguire. Inoltre, l'alto grado di autenticità della comunicazione personale a cui gli individui sono abituati lascia spazio a una forma di comunicazione con i robot basata sulla loro capacità di simulare una conversazione, svalutando la creazione di senso della comunicazione stessa da parte degli esseri umani.

L'IA automatizza la comunicazione e i processi sociali correlati più di quanto li faciliti. Inoltre, lo scambio emotivo nell'HMC ha una portata molto ridotta: i robot possono potenzialmente riconoscere le emozioni degli utenti dalla loro voce e reagire in modo appropriato, ma non sono in grado di provare e trasmettere emozioni ai loro utenti. Se il calore è uno dei principali elementi scambiati nelle relazioni sociali, per i robot questo aspetto diventa difficile da gestire e quindi la qualità della relazione sociale che possono offrire ne risente. Di conseguenza, la socialità priva di emozioni può essere solo stereotipata e automatizzata. Se confrontato con la nostra comprensione di che cosa siano l'interazione sociale e il «sociale», il risultato dell'interazione umana con i robot sembra una forma rudimentale di socialità, che limita fondamentalmente i gradi di libertà degli interlocutori in carne e ossa. Inoltre, non è chiaro quali saranno le conseguenze della nostra comunicazione con le macchine sul mantenimento della nostra capacità di interagire con gli esseri umani. Ci si è chiesti se siamo davvero convinti che le carenze della nostra vita sociale in termini di cura e compagnia possano essere adeguatamente superate attraverso la socialità elementare che i robot sociali possono offrire a donne, bambini e persone anziane o con vari gradi di malattia, abilità e così via.

Di fronte a queste caratteristiche fondamentali della comunicazione con le macchine, a quali risultati è giunta finora la ricerca sul rapporto tra le donne e questo tipo di comunicazione? La prima questione che è stata esplorata è se le donne abbiano un atteggiamento più positivo degli uomini nei confronti dei robot. Da un'indagine europea (N = 26.751) è emerso che gli uomini hanno un'opinione leggermente più positiva delle donne. Questo risultato può essere compreso correttamente se si tiene conto del fatto che le donne hanno spesso espresso meno interesse per le scoperte scientifiche e lo sviluppo tecnologico rispetto agli uomini, perché sono consapevoli del fatto che la scienza e la tecnologia sono state storicamente dominate da studiosi e professionisti maschi che hanno costruito questo campo della conoscenza a loro immagine e somiglianza. Altri studi, tuttavia, non hanno rilevato differenze significative negli atteggiamenti espressi da uomini e donne nei confronti dei robot.

La letteratura sviluppata finora su genere e comunicazione con le macchine si è concentrata non solo sugli atteggiamenti e i comportamenti di genere nei confronti di robot, chatbot e assistenti virtuali, ma anche sul sesso - o meglio, sul genere - delle macchine, a cui dedicheremo la prossima sezione.


Il genere delle macchine

Roberston (2010) ha osservato che, in generale, i robot hanno un genere in assenza della visibilità dei genitali fisici (che per gli esseri umani spesso catalizzano i processi di attribuzione di genere). Sono sufficienti minimi indizi visivi di genere sull'interfaccia del robot perché le persone assegnino il genere ai robot. Se invece non viene fornito un indizio di genere, c'è una tendenza generale a percepire i robot come maschi. Soprattutto i modelli di robot antropomorfi pongono il problema della loro identità sessuale, perché più un robot è simile all'essere umano, più è caratterizzato da un genere. Diversi studiosi hanno affrontato questo punto. Attribuire un genere a un robot sembra in un certo senso inevitabile: in primo luogo, perché un modo in cui gli esseri umani esprimono il genere è attraverso la tecnologia; in secondo luogo, perché se le persone vogliono parlare con i robot, devono riferirsi a loro con un nome (e di solito un nome suscita aspettative sul genere del robot) e se vogliono parlare dei robot, devono usare pronomi (e spesso questi sono di genere).

Il vero problema è che il sesso dei robot è influenzato dall'ordine culturale del genere, che è in vigore nella maggior parte delle società. Oggi molte discussioni sulla robotica sono ispirate da una visione binaria (maschio e femmina), con l'aggiunta, al massimo, del senza genere. La gamma dei sessi e dei generi tra gli esseri umani è molto più numerosa e fluida di così e la relazione tra sesso e genere è più complessa e incerta.

Poiché il genere (e l'identità) delle donne, come classe sociale, cambia nel tempo, questi cambiamenti si riflettono anche nella voce scelta. La BMW, ad esempio, ha dovuto richiamare una delle sue auto perché gli autisti tedeschi non volevano ricevere indicazioni da una voce acusticamente femminile perché «era una donna». Ma dopo qualche anno, nell'Unione Europea, la maggior parte dei navigatori GPS presentava voci femminili.

La voce e l'aspetto di un robot sono spesso abbinati anche al genere stereotipato del ruolo professionale che quel robot assume. L'ipotesi del «matching» suggerisce che quanto più l'aspetto del robot corrisponde a ruoli professionali stereotipati, tanto più esso può incoraggiare la disponibilità degli utenti ad adeguarsi ad esso. Questa corrispondenza, tuttavia, può alimentare gli stereotipi di genere/occupazione e rafforzare le divisioni di genere nella società umana.


Discussione e osservazioni conclusive

Ci auguriamo che il lungo viaggio che abbiamo intrapreso dalla comunicazione umana di persona a quella mediata dalle macchine, cercando di esprimere un punto di vista femminista, ci abbia permesso di porre le basi per affrontare con la necessaria profondità il significato sociale e politico delle tecnologie digitali per le donne. Speriamo di aver dimostrato che la diffusione delle tecnologie digitali ha rappresentato un grave attacco alla classe operaia in generale, dividendo sempre più gli individui tra loro, e in particolare al potere che le donne avevano acquisito nel campo della comunicazione attraverso le varie ondate del movimento femminista. La diminuzione del potere delle donne è stato un passo fondamentale per il sistema del capitale per iniziare una nuova estrazione di valore nella sfera riproduttiva, automatizzando quasi tutta la sfera del lavoro domestico immateriale. Questo discorso ci ha condotto nel cuore dell'analisi politica delle donne.



Questo saggio rappresenta una sintesi di un articolo di lunga durata pubblicato ad accesso libero:

Fortunati L., & Edwards A. P. (2022). Gender and Human-Machine Communication: Where Are We? Human-Machine Communication, 5, 7–47. https://doi.org/10.30658/hmc.5.1



Immagine

Kendell Geers, particolare (l’editore resta a disposizione per eventuali aventi diritti)


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Leopoldina Fortunati è sociologa della comunicazione e della cultura, già autrice del fondamentale testo del 1981 L’arcano della riproduzione. Casalinghe, prostitute, operai e capitale, un contributo di primo piano nel dibattito teorico-politico del «femminismo marxista della rottura».


Autumn Edwards è docente di studi sulla comunicazione presso la Western Michigan University e direttrice editoriale della rivista Human-Machine Communication. È stata nominata «Women in Robotics You Need to Know About - 2020».

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