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Città fabbrica del turismo


Pietro Fortuna, Senza titolo, 2007, matita e collage su carta, 51,5x44 cm


Introduzione al libro Firenze fabbrica del turismo, frutto del lavoro collettivo del Laboratorio politico perUnaltracittà. Il libro, curato dall’autrice con Antonio Fiorentino e Daniele Vannetiello, uscito giovedì 15 ottobre 2020 in formato digitale gratuito su «La Città invisibile».

La monocoltura turistica: un modello economico fragile che, a Firenze, è stato perseguito con ostinazione. Nei rispettivi mandati, Matteo Renzi (2009-2014) e – dal 2014 – Dario Nardella, hanno impresso un’accelerazione inedita verso la specializzazione della città di Firenze quale meta turistica internazionale, mettendo a punto politiche di attrazione sia delle piattaforme dell’ospitalità mercenaria, sia delle multinazionali dell’immobiliare.

Alla monocoltura economica, afferma Vandana Shiva, corrisponde la «monocoltura della mente». Tale correlazione a Firenze è pienamente verificata. All’asfissiante equivalenza di «città» ed «economia di mercato», posta alla base della specializzazione settoriale che ha contraddistinto questi anni di governo urbano, corrisponde uno sconcertante vuoto immaginativo. Gli amministratori si sono distinti per la perdurante incapacità di prospettare scenari convincenti e desiderabili. Eccezion fatta per quanto attiene all’immaginario del self made man, nutrito dalla retorica del brandurbano e dalla propaganda della città-merce. Un’autoimprenditorialità diffusa che è stata messa in atto, con particolare virulenza, su un bene primario, unico e residuo per molti: la casa, che diventa b&b.

Si tratta tuttavia di un immaginario valido per chi possiede una casa. A chi invece non la possiede, alle fasce marginalizzate, ai subalterni cancellati alla vista nei quartieri centrali imborghesiti e tirati a lucido, altro non resta che fornire forza lavoro a basso costo nell’industria turistica. Pulire stanze in b&b e resort di lusso, lavare i piatti nei mille ristorantini, con contratti precari se non al nero.

Le debolezze del modello, come dimostrano gli articoli raccolti nel libro, erano già evidenti prima del confinamento e della crisi da Covid-19. La pandemia ha poi messo a nudo e reso evidenti anche al grande pubblico i rischi della dipendenza da turismo globale. Eppure, dopo un primo momento di disorientamento, la propaganda politica si è ricollocata velocemente sul percorso già tracciato. I decisori nostrani, preso atto infatti che il «modello Firenze» è troppo grande per fallire – too big to fail –, che Firenze è una meta fin troppo consolidata per abbandonare le classifiche del turismo globale, hanno ripreso a recitare con l’usuale tracotanza il mantra dello sviluppismo infrastrutturale, della libertà di impresa, dell’appetibilità, dell’attrattività, degli imprenditori stranieri da richiamare in città. Il problema non risolto delle ricadute negative del turismo globale torna dunque oggi di attualità.

La turistificazione comporta un sovraccarico insopportabile: l’overtourism riconfigura gli spazi della città generando negli abitanti disagio e conflittualità. Su molteplici piani: il diritto all’abitare negato dalla pressione immobiliare nel centro storico e dalla diffusione degli affitti brevi; la svendita del patrimonio pubblico e la sottrazione degli spazi comuni; la mercificazione dell’arte e della cultura; la proliferazione della precarietà lavorativa e del lavoro nero; la compromissione della salubrità degli ambienti di vita e la previsione di nuove infrastrutture indispensabili ai globe trotters (aeroporto, Tav, ecc.); il depotenziamento dell’urbanistica e la valorizzazione della rendita; il securitarismo, il decoro e l’obliterazione delle fasce sociali più deboli.

Proviamo ad approfondire.

Fino al febbraio 2020, a Firenze il settore turistico non ha conosciuto flessioni; nel 2018, le presenze turistiche oltrepassano abbondantemente i 13 milioni di unità, con un incremento del 51% nel decennio 2008-2018 (Irpet, 2019). Indagini di mobile analytics stimano tuttavia che le presenze a Firenze, già dal 2016, superino annualmente i 20 milioni di unità.

La volontà di attrarre un numero sempre maggiore di visitatori, professata ore rotundo dal sindaco – prima e dopo il confinamento –, necessita di una infrastrutturazione sempre più pesante: strade, ferrovie e aeroporti. Il progettato tunnel Tav, sette chilometri sotto la città storica e sua immediata cintura, rientra tra le opere strategiche per il turismo, in particolare quello interno. Quello internazionale, ad oggi assicurato in gran parte dalla vicina Pisa, dovrebbe in futuro approdare ai limiti della città, a cinque chilometri dalla cupola del duomo: il nuovo aeroporto, promosso da Matteo Renzi – il cui progetto è stato più volte favorito da modifiche delle leggi dello Stato, e più volte rigettato dalle corti sulla base di ricorsi della cittadinanza –, verrebbe a saturare l’area che da anni attende la realizzazione del Parco della Piana. La costruzione della pista costituisce in effetti un elemento di forte compromissione delle relazioni ecologiche della Piana a nord-ovest. Un ecosistema del quale, scrive Giorgio Pizziolo, il centro storico di Firenze è parte integrante.

La pressione turistica mette a dura prova la tenuta dei 500 ettari dello stesso centro storico. Gli effetti, secondo Roberto Budini Gattai, che apre la prima parte del libro, sono quelli di «una distruzione della città in tempo di pace». Una distruzione che coinvolge la città nella sua consistenza fisica e in quella sociale e politica: urbs, civitas, polis ne escono stravolte. La mutazione profonda che ha investito la città si avvale tuttavia di un lavoro di lunga lena, a scala nazionale. È lungo il trentennio neoliberista che si verifica lo stillicidio di modifiche al corpus legislativo e di semplificazioni delle misure amministrative, il drastico cambio di paradigma nella gestione della città e nella conservazione dei beni culturali, che diventano risorse da sfruttare in senso mercantile, ivi incluso il patrimonio artistico: si vedano in proposito le riflessioni di Franca Falletti in apertura della seconda parte del libro. Una sintesi del processo che ha contribuito alla «desertificazione» delle città storiche è contenuta nel primo capitolo, dedicato agli «ambienti di vita» nelle città turistiche: dalla cartolarizzazione dei beni demaniali alla mercificazione degli spazi pubblici, dalla privatizzazione dei servizi alle misure securitarie, fino alla militarizzazione delle aree monumentali.

Proprio nell’intervallo temporale coperto dagli articoli qui raccolti, 2017-2019, il potere discrezionale dei sindaci in merito alla sicurezza è potenziato da strumenti quali il «Daspo urbano», che conferisce legittimità ai primi cittadini nell’istituzione di «recinti» in corrispondenza delle aree monumentali, interdette ai «pericolosi» marginali, sempre più esclusi e periferizzati. Nel 2019, diciassette aree del centro storico diventano «zone rosse», interdette, per ordine del prefetto, a «chiunque sia stato denunciato»: la «morte dello stato di diritto», chiosa Maurizio De Zordo. Il clima securitario che si instaura dà vita, in pieno centro storico, a episodi di «sicurezza fai da te», come quello delle ronde descritto da Francesca Conti. In questo senso, il passaggio degli idranti – caldeggiato dal sindaco – sui sagrati monumentali all’ora di pranzo per impedire la seduta ai turisti è la metafora più espressiva dell’agognata (dai decisori politici) «pulizia» dei luoghi centrali, turistici, appetibili, mercificati.

«City grabbing» è l’espressione qui utilizzata per indicare il processo di accaparramento di risorse urbane da parte del capitale, con la conseguente impossibilità di godere universalmente del diritto alla città. L’azione predatoria dei grandi investitori del turismo e dell’immobiliare si riflette nel sempre meno garantito accesso alla casa e nella sottrazione all’uso collettivo dei grandi immobili monumentali. Con il diffondersi delle piattaforme online, tramite le quali è possibile affittare a breve termine camere o appartamenti extra alberghieri, la questione del diritto alla casa si è imposta all’ordine del giorno.

A Firenze, in linea con le città sudeuropee (Barcellona, Lisbona ecc.), le presenze nei b&b salgono vertiginosamente, così come gli appartamenti destinati all’affitto breve. Il capitolo Il turismo consuma l’urbanistica e il diritto alla casafornisce dati su tale questione, rilevante in una città in cui gli sfratti sono sopra la media nazionale (cfr. Regione Toscana, 2019). I canoni d’affitto salgono: nel 2019 si registra un aumento del 12% dei prezzi, come denunciano anche gli Studenti di sinistra che, allo scoppiare della pandemia, si trovano sul piede di guerra: in media, una stanza singola e un posto letto in una doppia costano rispettivamente 358 e 250€.

Anche per quanto riguarda gli edifici e gli spazi pubblici la situazione non è rassicurante. A fine decennio Duemila si inaugura il processo di vendita (sottocosto) di numerosi importanti edifici collettivi, spesso di valore monumentale, in nome dell’attrattività di investimenti esteri (che naturalmente ricadono sotto la voce «turismo»). Il sindaco Nardella in persona, seguito poi dagli assessori regionali, ha battuto le fiere internazionali dell’immobiliare. La deprecabile vicenda di Florence City of the Opportunities (2014) – brochure pubblicitaria prodotta in-house da Palazzo Vecchio nella quale sono presentati immobili in vendita, pubblici e anche privati – ha effettivamente raccolto risultati in tema di espropriazione della città. Ne dà conto, nella prima parte del libro, l’indagine di Antonio Fiorentino, sfociata nella pubblicazione di una guida dal titolo espressivo: A chi fa gola Firenze? (2019). La guida, di cui nel libro è offerta una sintesi, disvela fatti e meccanismi delle corporations che si stanno appropriando dei complessi immobiliari pubblici (e privati), tutti inesorabilmente trasformati in alberghi e sottratti all’uso collettivo. Molti dei quali, oggi, con i cantieri bloccati dalla crisi.

La vendita di conventi, ospedali, monte dei pegni, teatri ecc., necessitava di essere favorita da regole urbanistiche non troppo cogenti e vincoli operativi sufficientemente laschi. Il vuoto pianificatorio è stato costruito ad arte. Un Piano Strutturale e un Regolamento Urbanistico (RU) deboli, se non inefficaci, sono redatti e approvati dalle giunte Renzi e Nardella. Tuttavia, laddove alcuni paletti continuavano a limitare le libertà imprenditoriali, le asperità degli strumenti urbanistici sono state servilmente livellate: la variante all’art. 13 del RU prevede – unica nel panorama nazionale – l’eliminazione dell’obbligatorietà del restauro sui beni culturali, attraendo peraltro l’attenzione della magistratura.

Decenni, dunque, di «vuoto pianificatorio» e di politiche mercantilistiche hanno mutato la natura antropologica della residenza: migliaia di fiorentini hanno disertato il nucleo storico; nel tessuto commerciale, la varietà merceologica e le botteghe artigiane sono state sostituite da un’offerta rivolta prioritariamente ai viaggiatori. L’aumento delle presenze turistiche (dai turisti propriamente detti, a chi viaggia per lavoro, per conferenze, per lo shopping, per cure mediche, per studio ecc.) ha favorito la crescita di imprese e addetti generando invero un mondo di lavoro al nero, di invisibili, di precari, esternalizzati e malpagati. Gli stessi che la pandemia ha messo in ginocchio (Irpet 2020). L’esperienza della Camera popolare del lavoro, sita in pieno centro storico – ne scrive nel libro Potere al Popolo Firenze, che la ha promossa –, rappresenta una pratica che unisce conoscenza critica del fenomeno, lotta politica e mutualismo sociale.

Non è l’unica esperienza di tale segno che si registra in città, punteggiata di significative resistenze e di contro-progettualità anche intorno al turismo. Fenomeno, quest’ultimo, che a Firenze si rivela capace di mettere in relazione le molteplici vertenze territoriali e i nuclei di autogestione attivi nell’area fiorentina, coalizzandoli: dall’aeroporto al diritto alla casa, dai centri sociali del centro storico a Mondeggi-Fattoria senza padroni, dalle insorgenze di Oltrarno ai comitati della Piana. Nel gennaio 2018, il nucleo locale di Set (South Europe facing Touristification, rete che unisce numerose città in lotta contro gli effetti della turistificazione) redige un manifesto a firma collettiva che contiene sinteticamente il punto di vista antagonista. Il testo prelude al carnevale turistificato che viene consumato con un corteo colorato e festante per le strade affollate dai globe trotters.

Nel suo scritto, posto a mo’ di prospettiva in chiusura della rassegna, Ornella De Zordo mette in evidenza come la difesa della città, quale ambiente di vita, si trasforma in una rivendicazione di diritti universali. Esce cioè dal particolare e si generalizza, ha valore sorgivo, produce saperi, pratiche, immaginari che disegnano futuri desiderabili.

Ferma restando la necessità della riappropriazione della città e della sua pianificazione.

***

Gli articoli raccolti nel libro sono apparsi tra 2017 e 2019 su «La Città invisibile», www.perunaltracitta.org, rivistabisettimanale indipendente, autoprodotta dal Laboratorio politico perUnaltracittà-Firenze. Fondata nel 2014, e oggi al 134° numero, la rivista è ideata come strumento di collettivizzazione di pensiero critico e di diffusione di una postura analitico-progettuale, poliedrica e polifonica, nel solco dell’ecologia politica e dell’anticapitalismo. Come indica il nome della testata, la rivista è un coro di voci «invisibili», di singoli e di realtà collettive puntualmente esclusi dalla stampa padronale. 370 autori vi hanno contribuito con 2.196 articoli.

Nell’ambito delle proposte politiche del Laboratorio perUnaltracittà, il percorso cittadino di azione e di analisi del fenomeno della monocultura turistica è stato condiviso con i Clash City Workers nel ciclo di incontri La fabbrica del turismo nelle città d’arte tenutosi nell’autunno 2017. Il ciclo ha messo in dialogo realtà attive a Firenze con ricercatori, studiosi e analisti; non a caso si è tenuto nel cuore della Firenze in svendita, presso lo Spazio InKiostro. Localizzato in un vasto complesso storico in alienazione, lo Spazio InKiostro è stato luogo di elaborazione di cultura politica e teatro di socializzazione di varie soggettività: dai collettivi degli studenti medi ai riders, dai comitati ai movimenti politici. La sua chiusura nell’ottobre 2018 ha desertificato un altro tassello di città.

Ma la resistenza creativa continua!

Riferimenti bibliografici

Comune di Firenze, Florence city of the Oppurtunities. Invest in Florence, 2014, il documento non più disponibile sul sito del Comune è consultabile qui:

https://www.perunaltracitta.org/wp-content/uploads/2014/11/INVEST_IN_FLORENCE_2014.pdf

Antonio Fiorentino, A chi fa gola Firenze? La guida alle holding che si appropriano della città, «La Città invisibile», febbraio-giugno 2019, https://www.perunaltracitta.org/tag/gola/

Irpet, Rapporto sul turismo in Toscana. La congiuntura 2018, Firenze, 2019

Irpet, Gli effetti asimmetrici del Covid-19 sull’occupazione alle dipendenze nel comune di Firenze. Il caso del Centro Storico, ottobre 2020

Regione Toscana, Abitare in Toscana 2019. Ottavo rapporto sulla condizione abitativa, ottobre 2019


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