Nel 1994 «Il Male», straordinaria rivista satirica che aveva cessato le pubblicazioni dodici anni prima, fece un numero speciale, che sarebbe stato l’ultimo della sua storia: «Porca Italia!». Agli albori del berlusconismo, rappresentava la discesa in campo del fondatore di Fininvest come un’invasione di ultracorpi, immaginando il partito nascente, Forza Italia, e il suo fondatore come delle forme aliene provenienti dallo spazio. In quell’occasione il giornale vendette più di ottantamila copie, anticipando il divenire fiction della realtà del successivo ventennio. Quel numero, nel bel mezzo del decennio Novanta, ci viene qui raccontato da Angelo Pasquini, uno dei fondatori de «Il Male».
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Trent’anni fa, nel marzo 1994, poco prima delle elezioni politiche che avrebbero dato la vittoria a Silvio Berlusconi e alla sua alleanza, pubblicammo un numero speciale del «Male», che poi sarebbe stato l’ultimo della sua storia, dal titolo drammaticamente allarmante: Porca Italia!.
In tante altre occasioni durante i quattro anni di vita del giornale, attraverso il falso avevamo messo a nudo inquietanti processi di ipnosi collettiva che il sistema mediatico (allora stampa e tv) riusciva ad avviare in Italia con sorprendente facilità, forse più che in ogni altro paese europeo. Il nostro falso più famoso, quello di Tognazzi capo delle Brigate Rosse del 1979, era stato soprattutto una risposta satirica all’accusa della magistratura, sottoscritta da gran parte della stampa, che identificava Toni Negri e gli altri imputati del 7 aprile come la Direzione strategica delle Br.
L’esperienza del «Male» si era chiusa nel 1982, dopo un lento processo di dissoluzione, in seguito all’uscita dalla redazione di un certo numero di autori, tra i quali il sottoscritto. Dodici anni dopo, ci ritrovammo di nuovo, convocati da Vincino, storico direttore, in un albergo della Versilia, per progettare un numero speciale che sarebbe dovuto uscire in primavera in prossimità delle elezioni.
L’idea, che venne a Sandro Schwed (Jiga Melik, come si firmava sul giornale) e a me (che spesso mi firmavo Marlowe), fu quella di considerare il partito nascente (Forza Italia) e il suo fondatore come delle forme aliene provenienti dallo spazio. Si sarebbe trattato – e personalmente continuo a considerare l’ipotesi verosimile – di impostori che, arrivati sulla terra sotto forma di baccelli giganti, avrebbero assunto sembianze umane perfettamente realistiche, come nel profetico film di Don Siegel L’invasione degli ultracorpi.
L’idea piacque e decidemmo di uscire con quel numero speciale prima delle elezioni, per aprire gli occhi agli italiani sulla catastrofe cosmica che si stava addensando sulle loro teste. Nello stravagante editoriale di quel «Male» speciale del 1994 parlavamo di una periodicità dodicennale e rimandavamo l’uscita del numero successivo al 2006, previsione che non si è poi avverata.
Quando finalmente trovammo il modo di andare in stampa mancava una decina di giorni alle elezioni, ma per una serie di contrattempi il numero di autori disponibili a trasferirsi per un paio di giorni a Prato, dove si trovava la tipografia, si era drasticamente ridotto (tutti avevano più o meno altri impegni di lavoro, Vincino per problemi di famiglia era dovuto partire per Palermo). Ci ritrovammo eroicamente in un gruppetto sparuto a riempire le pagine di un falso «Corriere della sera» e di un falso «Indipendente», quotidiano ben presto e meritatamente scomparso, ma all’epoca vicino alla Lega e diretto da Vittorio Feltri.
Lo scenario che proponemmo ai nostri lettori riguardava la sospensione delle elezioni dopo l’avvenuto smascheramento di Silvio Berlusconi, che, in quanto capo dei baccelloni fuggiti dal pianeta Sponsor, veniva ricercato in tutte le galassie. Milano era presidiata da 50.000 caschi blu dell’Onu, in gran parte marocchini e pakistani al comando di un generale francese. Una risoluzione del Consiglio di Sicurezza votata all’unanimità autorizzava «il generale Napoleone Morillon a intervenire con ogni mezzo per stroncare un’infiltrazione di esseri di altri mondi non meglio identificati». La risoluzione concludeva impietosamente: «Ci vorranno cinque o dieci anni prima che gli italiani siano in grado di governarsi da soli, visto che non sono stati in grado di distinguere la realtà dalla televisione». La foto di prima pagina del «Corriere» immortalava un’autoblindo carica di militari pakistani in azione di pattugliamento in piazza del Duomo. Dal Duomo mancava la Madonnina, che era stata portata in salvo al Louvre assieme all’Ultima cena di Leonardo.
Sempre secondo la nostra ricostruzione, una cruenta battaglia si era accesa alle porte di Milano tra i caschi blu e i malvagi supereroi di Publitalia guidati dal Galletto Vallespluga e dal fustino Dixan, seguiti da battaglioni di surgelati, dai salumi Standa, da migliaia di confezioni di acqua minerale in offerta speciale. Mentre Silvio Berlusconi e gli altri baccelloni fuggivano nell’iperspazio, Mike Bongiorno si arrendeva ai caschi blu e Antonio Di Pietro firmava un milione di avvisi di garanzia, finendo per fratturarsi il polso nell’adempimento del proprio dovere.
In quell’occasione il giornale vendette più di ottantamila copie, ma non bastarono a rovesciare la tendenza. L’ultima coraggiosa profezia del «Male» non fu autoavverante; al contrario, la vittoria degli ultracorpi in quella primavera del 1994 portò al risultato che sappiamo: il ventennio berlusconiano. Da allora quanti milioni di italiani sono stati clonati e sostituiti da copie perfettamente identiche di loro stessi? È una domanda senza risposta. Intanto, continuiamo a scambiare per realtà la fiction distopica nella quale viviamo.
La redazione del numero speciale del «Male» Porca Italia era composta da: (per i testi) Mario Canale, Piero Lo Sardo, Jiga Melik, Angelo Pasquini, Sergio Saviane, Vincenzo Sparagna; (per i disegni) Cinzia Leone, Roberto Perini, Vincino; (progetto grafico) Cinzia Leone; (fotomontaggi) Francesco Cascioli. L’editore era Guelfo Guelfi.
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