Autori e Collaboratori
Se «Machina» è un viaggio occorre approntare la sua «scatola nera». Come dire, un diario di bordo. Un oggetto che traccia le intensità, le pressioni, le velocità, i luoghi investiti dai movimenti di trasformazione e di sovversione dell’esistente, i loro codici e i loro messaggi.
Un oggetto multiplo, capace di registrare i percorsi nei suoi decolli e accelerazioni, le differenti altitudini conquistate, così come i rallentamenti, i vuoti d’aria, le vibrazioni, gli stalli, gli avvitamenti, le precipitazioni. E poi i suoi inevitabili ricominciamenti.
Testi brevi, anche brevissimi, come messaggi, telegrammi, colpi d’occhio, appunti, schizzi, slogan, flash. Sensazioni, intuizioni, scoperte, disvelamenti, emozioni, passioni…
Questa è la «scatola nera» di «Machina».
A cura del Coordinamento redazionale
La città, questo portentoso e caotico prodotto della modernità, è in crisi. Una crisi forse irreversibile, che avviene nel momento stesso in cui tutto il mondo abitato si urbanizza, diviene metropoli, anzi: diviene periferia. La città, soprattutto la città cosiddetta «globale», si scompone in un caleidoscopio di territori urbanizzati ma non «cittadini» – se con tale termine intendiamo il processo morfologico che è andato unificando società urbana e diritti di cittadinanza a partire dalla modernità industriale (e dalle lotte di classe) del XIX secolo. Stretta tra gentrificazione e periferizzazione, cioè tra privatizzazione ed esclusione sociale, la città è oggi motore dei fenomeni sociali e politici più «scandalosi»: riot urbani, populismo, disperazione ma anche autorganizzazione, identità forti ma anche escludenti. In ogni caso, è dentro questo calderone infernale di civiltà e di barbarie che si prefigura la società del domani, una società che sarà l’esatto risultato di questa lotta per un mondo più giusto.
Luca Alteri
sociologo, insegna presso Sapienza Università di Roma. Si occupa di studi urbani e di partecipazione politica. È un militante comunista.
Alessandro Barile
(PhD), storico e sociologo, dirige l’area di ricerca «Territorio e società» presso l’Istituto di Studi Politici «S. Pio V» di Roma. È cultore della materia e ricercatore presso il dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale della facoltà di Sociologia, Sapienza Università di Roma. Si occupa di storia del movimento operaio dell’Ottocento e del Novecento, in particolare di storia del comunismo italiano, del Pci e dei movimenti della nuova sinistra dagli anni Sessanta alla fine del XX secolo, nonché dei fenomeni politici populisti. Si occupa anche di sociologia urbana, studiando le trasformazioni e la crisi della «città globale». In particolare, studia i fenomeni convergenti della gentrificazione e della periferizzazione della società urbana. Ha all’attivo decine di articoli scientifici e di monografie. Si segnalano le più recenti Dopo la gentrificazione (DeriveApprodi 2023), Rossana Rossanda e il Pci (Carocci 2023), la curatela de Il secondo tempo del populismo (Momo 2020), Il tramonto della città (DeriveApprodi 2019).
Transuenze assume la transitorietà del dominio sul lavoro e tramite il lavoro. La condizione in cui siamo immersi, fatta di sfruttamento, sofferenza e precariato, è cioè un dato dell’attuale realtà e non un destino a cui rassegnarci. È vero, transitare oltre questo dominio richiede un progetto che necessita di strumenti, lessici, immaginari forgiati nel presente. Perciò questo cantiere intende violare i nuovi «laboratori segreti della produzione» per fare inchiesta e annusare le tracce del conflitto, ancora informi e inespresse. Si addentrerà quindi nel territorio avversario, poiché occorre conoscere ciò che si vuole trasformare, studiarlo in profondità per svelarne i meccanismi da cui trae potenza e i suoi punti di crisi. L’economia finanziarizzata, la valorizzazione della tecnoscienza, la riproduzione delle vite e della capacità umana, la circolazione di una gamma infinita di vecchie e nuove merci. E, al centro di tutto, i lavoratori e le lavoratrici, nei loro concreti comportamenti. Transuenze non descriverà infatti la vita agra del lavoro vittimizzato, ma anzitutto proverà a esplorare uno scrigno di possibilità per immaginare un differente destino.
Salvatore Cominu
Svolge attività di ricerca, formazione e consulenza in collaborazione con centri di ricerca. Nel corso degli anni ha partecipato a numerosi progetti di livello locale, nazionale e internazionale su molteplici temi, dalle indagini sul mercato del lavoro allo sviluppo urbano e territoriale, dall’economia sociale ai problemi dell’azione collettiva e delle soggettività del lavoro, alla valutazione delle politiche pubbliche.
Giuseppe Molinari
Dottorando in Lavoro, sviluppo e innovazione all'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Tra i suoi maggiori interessi i temi relativi allo sviluppo capitalistico, alla geopolitica internazionale, alla trasformazioni del lavoro, alla soggettività sociale.
«Ritratti» configura una galleria di soggetti che hanno lasciato un’eredità vivente.
Biografie, interviste, testimonianze, racconti, immagini, inediti e materiali d’archivio su donne e uomini che inventando modificazioni, smuovendo forze evidenti e nascoste, mettendo in gioco e in conflitto idee e corpi hanno saputo intersecare «punti» forti di soggettività dentro momenti collettivi di lotta, insubordinazione, sovversione.
Ritratti di chi con in mano un attrezzo da lavoro, un libro, una penna, in una fabbrica, in un ufficio, in un laboratorio o per strada, ha rivoluzionato lo scorrere delle cose, alle volte remando contro, altre stando nel loro fluire, ma curvando o mescolando sempre in modo imprevedibile le acque della loro contemporaneità.
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A cura del Coordinamento editoriale
Non ci interessa scrivere qui di storia come «magistra vitae», men che meno come esercizio di autoreferenzialità accademica, di gusto per una erudizione fine a se stessa o di intrattenimento narrativo, bensì di confronto e di ricerca sulla storia come produttrice di identità individuale e collettiva (sociale, di genere, di classe, culturale, politica, ecc.). Al centro quindi del materiale che verrà pubblicato sarà la determinazione soggettiva della storia (senza ovviamente commettere l’errore di tralasciare i contesti oggettivi nei quali questa azione soggettiva si dipana), dedicando particolare spazio alla conflittualità storica degli oppressi e delle oppresse. Dalla storia sociale a quella di genere, dallo studio sulle «minoranze emarginate» alla microstoria, dalla world history alla storia della cultura materiale, ai post-colonial studies, ecc., il tentativo sarà quello di legare il cosiddetto «dibattito storiografico» ai punti di vista e alle prospettive dei soggetti collettivi protagonisti della conflittualità sociale contemporanea. Una storia «partigiana», quindi, ma proprio per questo in grado di nutrire e stimolare il dibattito scientifico, attraverso le idee e le attività che portiamo avanti come soggetti figli e figlie del nostro tempo.
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Alessandro Marucci
insegna Letteratura italiana presso la Rome International School. È coautore di saggi sulla storia del socialismo, tra cui Il crollo (Marsilio, 2013) e Decisione e processo politico (Marsilio, 2014). Per i tipi di Palombi ha recentemente pubblicato Roma 1944-1960. Rinascita di una città (2021)
Oggi il sud è globalizzato e neofeudale allo stesso tempo: inglobato nelle trame politiche, produttive e finanziarie contemporanee e costretto in rapporti sociali e politici ancora improntati alla sudditanza e al clientelismo.
Dopo mezzo secolo di modernizzazione, assunto il rango di mezzogiorno europeo, il sud è cambiato sia nelle strutture di fondo che nella composizione sociale, con un peso crescente di singoli e gruppi istruiti con elevate capacità sociali e cooperative.
«sudcomune», sin dai primi passi della omonima rivista (ora in: www.machina-deriveapprodi.com/post/la-rivista-sudcomune), si occupa delle novità sociali e soggettive del mezzogiorno e delle trasformazioni che ne hanno ridisegnato processi, strutture e assetti, per descrivere le tendenze e i tratti caratteristici di questi ultimi, ma soprattutto per interrogarci circa il loro superamento.
In questa nuova sezione di Machina, insieme a testi sullo sviluppo capitalistico e i movimenti sociali del sud, presenteremo lavori d’inchiesta e conricerca, a partire da quelli che riescono a tenere insieme produzione di saperi e processi di soggettivazione alternativi a quelli cui siamo quotidianamente sottoposti. Vogliamo farla finita con la miseria dello stato delle cose presenti, vogliamo autonomia comune, vogliamo tutto!
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Francesco Maria Pezzulli
Sociologo e ricercatore indipendente. Ha insegnato presso l’Università La Sapienza di Roma e svolge attività di ricerca e inchiesta nel Laboratorio sulle Transizioni, il mutamento sociale e le nuove soggettività dell’Università degli Studi di Roma Tre. Si occupa delle tematiche inerenti lo sviluppo capitalistico e il mezzogiorno italiano.
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Mai come oggi, epoca del contagio, pare necessario parlare di «sintomi». Questa espressione si riferisce a tutti i fenomeni per i quali valga la definizione che segue: «sintomo» è la manifestazione empirica e circoscritta di una condizione di possibilità della nostra esperienza. La merce, per dirne una, è un sintomo giacché «fenomeno sensibilmente sovrasensibile» (Marx). Forse però possono essere ancor più interessanti fenomeni microscopici, semplici all’apparenza e invece masse aggrovigliate di contingenza storica e fatti della natura. Una serie televisiva, uno slogan giornalistico-pubblicitario, un testo della musica trap, un episodio di cronaca quanto un inaspettato tumulto carcerario paiono tutti ottimi candidati per una riflessione sul mondo contemporaneo. A questa riflessione pare necessario chiedere due caratteristiche minime: l’ambizione di uno sguardo antropologico verso quel che ci circonda (la nostra è un’epoca storica, non la fine della storia); il coraggio di partire dalle cose brute (cioè materiali) della nostra esperienza. Se il medico non teme di strizzare l’orrido bubbone per capire l’infezione, il filosofo non può permettersi lo snobismo della chicca culturale o della primizia erudita. Per superare il tempo presente, occorrono collezionisti spietati.
Adriano Bertollini
ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università della Calabria con una tesi sul ruolo del linguaggio nell’amicizia. Ha studiato a Roma Tre e svolto soggiorni di ricerca in Germania e negli Stati uniti.
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Marco Mazzeo
insegna filosofia del linguaggio all’Università della Calabria. È stato tra i fondatori della rivista «Forme di vita». Nel 2013 ha vinto il premio internazionale C. Perelman.
Una sezione di rubriche su cinema, audiovisivi, teatro, musica, fumetti, recensioni. Indicazioni e suggerimenti di visioni, ascolti, letture non propriamente mainstream.
A cura del Coordinamento editoriale
Vortex è un’idea e un’immagine. L’immagine delle storie spurie, indigeste alla narrazione del capitale, che vorticano nella tempesta del presente. È l’idea di dar voce alle contro-narrazioni che lungo la linea del colore e del genere irrompono nell’universalismo del dominio scatenando la tempesta. Per questo raccoglie storie, fatti e discorsi. Commenta e si interroga. Scava piste d’analisi e disegna mappe di comprensione. Non cerca approdi sicuri ma segue le orme di canaglie e disertori, alla ricerca della taciuta forza di nuove streghe e nuovi Calibano.
Anna Curcio
Ricercatrice, saggista e traduttrice militante, ha insegnato e svolto attività di ricerca in Italia, Regno unito e Stati uniti. Attualmente insegna discipline giuridico-economiche nelle scuole superiori. Studia le trasformazioni del lavoro produttivo e riproduttivo nel rapporto con la razza e il genere.
La traversata del deserto è immagine abusata. Eppure, se ci guardiamo intorno, il deserto sembra circondarci: nella precarietà e nella disoccupazione, nell’impoverimento economico e delle relazioni sociali, nelle guerre diffuse e adesso anche nella pandemia. E poi c’è il deserto del pensiero critico e dei linguaggi con cui guardare sotto la sabbia. Qui è inutile crogiolarci nei miraggi o scattare esotici selfie in mezzo alle dune. Il punto è come tentare concretamente di attraversarlo, questo maledetto deserto. Bisogna liberarci di ciò che non serve e caricare nella machina poche cose: la freccia, per attaccare e per difenderci; la tenda, per decidere dove accamparci e non accontentarci delle oasi; il cammello, per spostarci autonomamente e condividere le risorse formative indispensabili. Tra queste scorte d’acqua ci saranno nuovi articoli e vecchi saggi, libri fondamentali del passato e importanti del presente, testi scritti, video e social network. Ripercorrere altri viaggi è decisivo per capire come progettare il nostro.
Gigi Roggero
È ricercatore, formatore e pubblicista militante. È laureato in Storia contemporanea, ha conseguito il dottorato in Scienza, tecnologia e società, ha ricevuto l’Abilitazione scientifica nazionale in Sociologia. Ha scritto volumi, saggi e articoli, alcuni tradotti in diverse lingue, sulle trasformazioni della soggettività, del lavoro e della formazione.
La sezione si occupa dei temi dell’ambiente in cui viviamo con la sensazione sia meglio ripensarlo da capo a costo di avviarci per impervi sentieri di montagna. Lo sherpa non è una guida turistica: con passo paziente, metodico, misurato e coraggioso, affianca il viandante e macina chilometri senza lamentarsi convinto che solo camminando si possa reinventare la strada. I sentieri in cui s’inerpica hanno nomi che evocano parole chiave con cui immaginare una mappa di una Neoecologia al tempo dell’Antropocene: immaginare, tempo profondo, estinzione/collasso, animale, corpo, camminare, gruppo/riparo, autodeterminazione, mistero/animismo, cosmopoiesi/utopia, trasformazione/metamorfosi, piante.
Lo stato d’animo con cui ci incamminiamo su questi sentieri è aperto alla meraviglia e alla visione, lo sherpa cerca mappe cognitive di un nuovo immaginario che faccia emergere l’ambiente degli altri, non solo altri gruppi umani e altri viventi come piante, animali, funghi ma anche non viventi, paesaggi, rocce, acque, arie, nuovi materiali.
Maurizio Corrado
È architetto, saggista e scrittore. Si occupa di ecologia del progetto da metà anni Novanta, ha lavorato per giornali e televisioni, organizzato mostre ed eventi culturali, diretto collane, riviste e strutture di formazione, ha pubblicato diversi libri di saggistica su design e architettura ecologica. Ha insegnato all’Università di Camerino, all’Accademia di Belle Arti di Bologna e di Verona, alla Naba di Milano.
Scrive narrativa e teatro.
Commonware è una rivista militante, nata nel 2012. La composizione della sua redazione è cambiata nel corso del tempo ma è sempre stata
caratterizzata dalla presenza di militanti appartenenti a generazioni diverse. Si colloca nel «medio raggio» dove la teoria diventa
azione e la pratica si fa discorso.
Non fornisce «ricette per l’osteria dell’avvenire». Tenta di scavare nelle
ambivalenze della composizione di classe per prefigurare la forma dei movimenti a venire. Progresso,
democrazia, sinistra, sono tutte forme dell’interesse generale contro cui scagliare la forza della parzialità.
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Antonio Alia
Ha coordinato la redazione di commonware.org, con cui ora cura l'omonima sezione. La sua formazione da militante è iniziata con il movimento dell'Onda.
Attualmente lavora come operatore sociale nell'industria della riproduzione.
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Si dice che, all’epoca di Pericle, uno studente di livello liceale conoscesse una trentina di costellazioni e un’ottantina di stelle; oggi, neanche chi dedica tutta la vita alla carriera astrofisica riesce a distinguere più di una decina di stelle. In un mondo in cui l’invenzione è fagocitata dall’innovazione, la gioia della scoperta è stata cancellata dall’efficienza manageriale, mentre sembra impossibile pensare l’attività scientifica al di fuori della sua finalizzazione tecnica, abbiamo bisogno di strumenti per riorientare la rotta. I sestanti servono per costruire un orizzonte che forse è sempre stato lì, ma che abbiamo smesso di scrutare. Simili strumenti non li chiamiamo nuovi, per non inchinarci all’ideologia che da alcuni decenni quella parola porta con sé. I sestanti di cui necessitiamo non sono app, per quanto si possano servire di app. Non sono un prodotto industriale, ancorché non possiamo ignorare l’industria. Devono guidarci fuori dalla religione scientifica, della cui terribile potenza bisogna prendere atto. Autonomia della conoscenza o idioti specializzati, ecco l’alternativa. E quando provarci se non ora, nell’evento di un microscopico virus che ha messo al tappeto arroganti certezze?
Franco Piperno
È stato recentemente protagonista presso il comune di Cosenza dell’ideazione e creazione del nuovo planetario. È professore di Struttura del materia e insegna Astronomia visiva all’Università della Calabria. Ha insegnato Fisica presso numerose università italiane e alcune delle più prestigiose università del mondo. È altresì noto per la sua partecipazione alle vicende politiche degli anni Settanta in Italia.
Il nostro lavoro di scavo riguarda le tematiche al centro delle crisi degli equilibri planetari, e a un possibile reindirizzo di superamento del loro oggi probabile esito catastrofico.
Tecniche e metodologie di indagine prendono a esempio proprio la perizia usata negli scavi dei siti archeologici: selezione qualitativa della ricerca, scientificità dell’operare, paziente catalogazione dell’oggetto trattato e dell’ambiente nel quale è inserito, relazione, archiviazione.
Questi sono i nostri Dossier.
A cura del Coordinamento editoriale
Che fare con l’arte? Ennesima merce stritolata negli ingranaggi dell’accumulazione, oppure spazio di possibile indipendenza. Industria delle creatività o prefigurazione della fuoriuscita. Ripetizione o differenza. Lavoro o attività. O ancora, più probabilmente: tutte queste cose insieme, in una miscela inquietante e magari ricca di un fascino tutto da scoprire. La rilevanza dell’arte nell’economia globale è ormai assodata, non certo da oggi. Siamo un po’ stufi di consolarci con stanche banalità sulla società dello spettacolo. Proveremo ad addentrarci nei meandri nascosti della produzione artistica, con occhio attento e disincantato, con tono dissacrante, perfino scanzonato. Per svelare verità e possibilità di questo strambo mondo, sempre più paradigma, segno appunto, dello strambo mondo in cui ci tocca vivere.
Manuela Gandini
Laureata in Architettura al Politecnico di Milano, è critica d’arte e curatrice indipendente. Collabora con il quotidiano «La Stampa» e l’inserto «Tuttolibri». È stata redattrice del mensile «Alfabeta2» e ha collaborato con i principali quotidiani nazionali e con le riviste d’arte italiane.
Insegna Critical Writing alla NABA di Milano. Lavora con artisti che operano - attraverso metodologie innovative - su temi legati al territorio e alle comunità di riferimento. È autrice di vari saggi tra i quali «Ileana Sonnabend. The queen of art» (Castelvecchi, 2008).
Cura mostre nazionali, internazionali, conferenze, convegni e progetti territoriali. È stata commissario alla Biennale di Venezia del 1993.
Racconti, invettive, calembour, poesie, aneddoti e aforismi. Un registro di narrazioni brevi di autori noti e sconosciuti. Ricerche e sperimentazioni letteraria che producano emozioni e commozioni, immaginari e conoscenze.
Un altro mondo sta apparendo.
Giorgio Mascitelli
Giorgio Mascitelli ha pubblicato due romanzi Nel silenzio delle merci (1996) e L’arte della capriola (1999), e le raccolte di racconti Catastrofi d’assestamento (2011) e Notturno buffo ( 2017) oltre a numerosi articoli e racconti su varie riviste letterarie e culturali. Un racconto è apparso su volume autonomo con il titolo Piove sempre sul bagnato (2008). È stato redattore di «alfapiù», supplemento in rete di «alfabeta2», e attualmente del sito letterario «Nazione Indiana».
«Machina» non è un progetto limitato da uno spazio nazionale: solo assumendo una prospettiva globale, indagando la macrofisica del capitalismo-mondo, è infatti possibile comprendere la microfisica dei quotidiani rapporti di dominio e di conflitto. Conosciamo i rischi di smarrirci nell’astrattezza accademica, al pari del pericolo di limitarci alla cronaca del giorno per giorno: in questa morsa si è consumata l’asfissia della cultura critica. Aprendo questo cantiere di sperimentazione dal nome ambizioso, attraverso articoli e saggi, testi scritti e video-interventi, tentiamo di partire dalla contingenza per tracciare una matrice complessiva, per comprendere il particolare e prefigurare possibili tendenze. Nella crisi del sistema capitalistico, in un’agonia che produce enorme sofferenza ma anche irripetibili opportunità, dobbiamo imparare la nuova grammatica del potere e delle lotte, studiare la riconfigurazione della forma-Stato sul piano transnazionale, incarnare il vincolo forte e i punti di frizione tra spazio geopolitico ed eventi locali.
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A cura del Coordinamento editoriale
Nella sezione Archivio proporremo la riscoperta di pubblicazioni senza tempo – nella forma rivista, giornale, giornale murale, manifesto, volantino, fumetto, diario ecc. – che pensiamo abbiano avuto e hanno interesse per i loro contenuti e per le loro forme. Lo pensiamo come archivio dello stupore e delle meraviglie, per i tesori purtroppo spesso dimenticati che ancora ci possono dire e insegnare.
A cura del Coordinamento editoriale
Scorrere lungo i confini. Ripercorrerli e attraversarli. Assumere criticamente che la realtà del mondo storico è solcata segmentata scomposta. E che, ancora in questo tempo, il disegno delle mappe non siamo noi a tracciarlo. Al contrario, esso ci è imposto. Per ciò abbiamo pensato a una sezione di «Machina» che fosse segnata dalla cifra della profondità: l’unica, oggi, in condizione di farsi carico della scomposizione, del disorientamento, della perdita. L’abbiamo chiamata «Spigoli» per nominare questa frantumazione – la sua durezza. Ma, insieme, anche la determinazione a operare per ricomporla.
Alberto Burgio e Marina Lalatta Costerbosa
Alberto Burgio e Marina Lalatta Costerbosa insegnano nell’Università di Bologna: l’uno Storia della filosofia, l’altra Filosofia del diritto e Bioetica. Studiano la logica delle narrazioni storiche e i temi della responsabilità, della violenza, dei diritti (negati) dei più fragili. Collaborano da lungo tempo con DeriveApprodi, ove dirigono la collana «Labirinti», già ricca di trenta volumi.
La metà di tutto, più o meno. L’Asia esprime – soprattutto nel suo versante orientale un’immagine titanica: muscoli politici e crescita economica, demografia e forza lavoro, armi ed eserciti, produzione e consumo, antiche filosofie e siti Unesco. Impone i suoi temi nell’agenda internazionale: dal cambiamento climatico all’urbanizzazione, da nuovi modelli di sviluppo alla crisi delle democrazie occidentali. Eppure, in questo cambiamento epocale, il ruolo dell’Asia viene poco studiato, come se fosse una deviazione per il treno della storia. Ne conosciamo poco le cronache, le dinamiche, le speranze che offre e gli scenari che minaccia. Soprattutto, ci sembra incomprensibile la sua declinazione plurale. L’Asia è un mosaico di religioni, lingue, sistemi politici e sociali. La sovrastruttura rimane un fardello pesantissimo, ma la globalizzazione ha favorito l’emersione di forze produttive finora represse o inesistenti. Per nostra formazione rimaniamo lontani da qualsiasi orientalismo, guardinghi sul fascino dell’esotismo, scettici sull’applicabilità di modelli lontani. Pensiamo tuttavia che capire la diversità sia un esercizio utile, intrigante e redditizio. Anche per capire la nostra prima metà del mondo.
Romeo Orlandi
Presidente del think tank Osservatorio Asia, Vice Presidente dell’Associazione Italia-ASEAN, economista e sinologo. Ha insegnato Globalizzazione ed Estremo Oriente all’Università di Bologna e ha incarichi di docenza sull’economia dell’Asia Orientale in diversi Master post universitari. Per l’Istituto Nazionale per il Commercio Estero ha lavorato a Los Angeles, Singapore, Shanghai e Pechino. Relatore a conferenze internazionali, è autore di numerosi libri e pubblicazioni sull’Asia. È stato Special Ambassador per la candidatura di Roma per l’Expo 2030.
Agon parla dello sport per ciò che è nelle società contemporanee: il più vasto fenomeno culturale di portata globale. Guarda alle sue implicazioni politiche, ai risvolti economici, agli splendori e alle miserie dei suoi protagonisti, al lato oscuro ma anche agli aspetti edificanti. Qui troverete analisi che vanno oltre la superficie, in cerca dei nessi più inattesi. La sola cosa che non dovrete aspettarvi è lo storytelling. Che ormai è bassa pornografia retorica.
Pippo Russo
Agon parla dello sport per ciò che è nelle società contemporanee: il più vasto fenomeno culturale di portata globale. Guarda alle sue implicazioni politiche, ai risvolti economici, agli splendori e alle miserie dei suoi protagonisti, al lato oscuro ma anche agli aspetti edificanti. Qui troverete analisi che vanno oltre la superficie, in cerca dei nessi più inattesi. La sola cosa che non dovrete aspettarvi è lo storytelling. Che ormai è bassa pornografia retorica.
Una cartografia rappresenta certamente un valido contributo per orientarsi tra i rapporti di forza in gioco oggi nella nostra società in burrasca. Il più antico portolano conosciuto si chiama «lo Compasso de Navigare», questo codice scritto su pergamena e che risale addirittura al 1296 è stato scritto in lingua Sabir. Compasso si organizza a partire dalla convinzione che occorra tornare a interrogare la questione della salute mentale e che per farlo sia necessario mettere in discussione il crescente potere classificatorio degli approcci naturalistici e biomedici, il loro prepotente e crescente effetto disciplinante sulle vite, criticare quindi con convinzione la deriva privatistica dei servizi di salute mentale e la loro tentazione concentrazionaria di ritorno, porre la questione e l’urgenza della cura come luogo centrale e inaggirabile di tutela e promozione del legame sociale. Se da una parte esiste certamente un sapere che riguarda le pratiche di cura e di liberazione che si tratta di ricostruire, coltivare e potenziare, il campo più specifico della salute mentale che vogliamo approfondire in Compasso fa riferimento privilegiato, e radicalmente critico, a quei costrutti che sono innervati di performatività neoliberale e ai nuovi quanto sterili «progressismi», del tutto incapaci di cogliere il cuore delle dinamiche contenute nelle manifestazioni sintomatologiche attuali. Ci serve certamente una nuova mappa per attraversare questo mare in tempesta.
Federico Chicchi
Sociologo, insegna Sociologia delle trasformazioni economiche e del lavoro e Globalizzazione e Capitalismo presso l’Università di Bologna. Inoltre, è docente del corso di Epistemologia del disagio contemporaneo presso l’Irpa (Istituto di ricerca di psicoanalisi applicata) di Ancona. Dirige insieme a Luca Negrogno e Marco Rovelli la Collana editoriale Sabir (DeriveApprodi).
Luca Negrogno
L’intento che caratterizza questa sezione è leggere le connessioni tra momenti diversi, partendo da un ripensamento del tempo storico in forme non solamente lineari e modali; contemplando, ad esempio, la possibilità di interruzioni ed aporie, di sospensioni e frammentazioni. Longitudini è il titolo di questa rubrica: un termine diverso da altre misure della storia come «globale» e «mondiale», «locale» e «micro», «sociale» e «culturale», «economica» e «politica»; una parola che proprio da tutte queste visioni storiografiche – e da tante altre ancora – intende cogliere gli approcci innovativi e divergenti che hanno generato la differenza nelle pratiche di produzione, utilizzo e interpretazione delle fonti.
Gabriele Proglio
Professore associato presso l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo. Ha lavorato come ricercatore al Centre for Social Studies dell’Università di Coimbra, all’European University Institute, all’Università di Berkeley, è stato docente presso l’Université El Manar di Tunisi e la Social Sciences University di Ankara. Tra le sue più recenti pubblicazioni I fatti di Genova. Una storia orale del G8 (Donzelli 2021) e Bucare il confine. Storie dalla frontiera di Ventimiglia (Mondadori 2020).
Se il modello del white cube è stato il formato egemone con cui si è costruita la fiaba modernista della neutralità (nel segno della neutralizzazione della cultura) e impermeabile a ogni connotazione politico-sociale, il dirty cube è, all’opposto, uno spazio impuro,
contaminato, infiltrato. È anti sistema (se la norma è bianca, borghese, eterosessuale), ri-territorializza l’arte come processo di soggettivazione e immaginazione politica, schierandosi dentro i rapporti di produzione e i loro conflitti, fuori dalla cattura neoliberale e l’art-washing. È lo spazio dei guastafeste, di chi prende posizione, di chi prova a rompere il concatenamento di arte ed economia capitalista. Coniato dall’artista e «sub-curatore» Bert Theis, per dare tensione e creatività alle contro narrazioni e ai focolai di enunciazione in atto, dirty cube ospiterà le voci critiche che attraversano oggi il mondo dell’arte.
Elvira Vannini
È storica dell’arte e critica. Dottore di ricerca in Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università degli Studi di Bologna, diplomata alla Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte. Ha tenuto seminari e lezioni in numerose Istituzioni, Università e Accademie, tra cui IULM (2011-12), Master Studi e Politiche di Genere, RomaTre (2020). Dal 2010 è docente in NABA, Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Nel 2017 ha fondato il blog/magazine Hot Potatoes (www.hotpotatoes.it) dedicato ai rapporti tra arte, genere e politica da una prospettiva femminista. Ha curato l’antologia Femminismi contro. Pratiche artistiche e cartografie di genere, per la collana Geoarchivi di Meltemi (2023).
Docente, sociologo, formatore, è autore di vari articoli scientifici nel campo della coproduzione di servizi e della salute mentale di comunità, collabora con varie riviste ed enti di formazione. Attualmente lavora presso l’Istituzione Gian Franco Minguzzi della Città Metropolitana di Bologna.
Marco Rovelli
Scrittore, musicista e docente di filosofia e storia. Ha scritto una ventina di libri, tra cui Soffro dunque siamo. Il disagio psichico nella società degli individui.